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“Non mi piace la matematica, non fa per me!”. Quante volte abbiamo sentito questa frase o quante volte l’hai pronunciata tu stesso?
Perché la matematica provoca stati d’animo negativi?
Spesso è associata alla paura di sbagliare: in matematica di solito si deve rispondere velocemente, non viene lasciato molto tempo per pensare alla risposta, l’errore, se commesso, è evidente.
Una seconda ragione è legata al timore di non sapere come procedere e di non poter ricorrere alle strategie che normalmente consentono di cavarsela, come la diligenza o il maggior impegno. Quando si sbaglia ci si sente incapaci, frustrati, umiliati, ci si demotiva e si abbassa l’autostima in maniera più o meno intensa a seconda che ci si trovi a scuola, in famiglia o fra amici.
Spesso le abilità di calcolo vengono associate alla logica, alle capacità di ragionamento e quindi all’intelligenza.
Un bambino bravo in matematica viene definito dai compagni stessi un “genio”. Ecco che chi non lo è si può sentire automaticamente poco intelligente o inadeguato.
Non esiste nessun “bernoccolo della matematica”! Tutti possono capirla e diventare bravi.
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Affinché le capacità di apprendimento e ragionamento siano facilitate si deve privilegiare una didattica che permetta di avvicinare il linguaggio astratto della matematica alla vita concreta e quotidiana dell’alunno.
Far manipolare quantità e materiali così che si possano vedere i processi in atto per capire il testo di un problema, la consegna di un esercizio, un’equivalenza, un’equazione ed il loro svolgimento.
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Un intervento precoce, già alla scuola primaria, aiuta il bambino non solo ad affrontare le difficoltà affinché non siano più tali, ma anche a non strutturare un’impotenza appresa, alterazioni comportamentali, relazionali o incorrere in scelte future fatte proprio per evitare questa materia.
La matematica non è un'opinione ...
Matematica: amore - odio
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L’immagine della matematica si forma nei primi anni scolastici ed il rapporto con questa materia condiziona spesso la scelta del tipo di studio oltre la scuola dell’obbligo e successivamente il percorso degli studi universitari.
Chi arriva all’università sa’ da molto tempo se la matematica gli piace o no, e tale convinzione, qualunque sia, è ben radicata.
Ancora oggi spesso viene ritenuta, dagli allievi, una materia arida, fredda, incomprensibile… e ciò può dipendere da come viene presentata.
E’ importante evitare che la matematica sia vista come una successione di regole, più o meno sensate, da imparare a memoria, ricette dettate dall’insegnante e inventate da chissà chi e chissà perché, algoritmi da applicare acriticamente.
I ragazzi sono molto resistenti ai compiti di cui non comprendono motivazioni e significato, del resto sono le condizioni fondamentali per qualsiasi apprendimento.
“Fin dalle elementari vedevo la matematica come qualcosa che solo gli intelligenti sapevano affrontare: io non ero molto portato per quella materia”.
“Quello che penso io sulla matematica, a differenza delle altre materie è che dipende dalla predisposizione di ognuno di noi”.
“La matematica: che incubo! Tutto iniziò in seconda elementare (…) La maestra, quando non riuscivo in qualche cosa, mi mandava al posto e chiamava una persona più brava di me”.
Magari è capitato anche a te di pensarla così qualche volta. Le valutazioni negative vengono percepite come valutazioni sulle proprie capacità più che sulle proprie prestazioni e hanno quindi come effetto la rinuncia a priori ad utilizzare le risorse possedute, perché ci si convince di non avere risorse sufficienti: atteggiamento di fatalismo, che si esprime nella rinuncia a “provare”.
Gli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) per riuscire a leggere, a scrivere o fare delle semplici operazioni devono impegnare al massimo le loro capacità ed energie, si stancano molto e impiegano tanto tempo, sono lenti, commettono errori, saltano parole e righe. Questo dispendio di energie va a discapito della comprensione o del ragionamento, per esempio, nell’esecuzione dei problemi matematici.
Il mancato riconoscimento di tali difficoltà ha importanti conseguenze psicologiche, determina spesso l’abbandono della scuola e talvolta un futuro professionale di basso livello nonostante le potenzialità di creatività e di intelligenza che questi ragazzi manifestano. Inoltre influisce negativamente sullo sviluppo della personalità e compromette un adattamento sociale equilibrato.
Per non dire più: “ Tanto io non sono capace...”,
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